Ivana Müller: ancora gran teatro a Short Theatre 9

Altra Cultura

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a4d14f8b301di Alessandro Paesano

While We Are Holding it Togheter di Ivana Müller si presenta come un tributo all’immaginazione. Sarà perché i tre attori e le due attrici iniziano ogni frase con I imagine (lo spettacolo è in inglese con sovratitoli in italiano). L’immaginazione è però  solo il fil rouge, meglio, l’ordito di una trama ben più complessa, che indaga al contempo le strutture profonde della drammaturgia e quelle emotivo-cognitive dell’essere umano incarnato in corpi diversamente sessuati.

Proprio il corpo è la coordinata di partenza dalla quale dipanare un impianto teatrale difficile da restituire  (che intender non lo può chi non lo prova, per chi volesse su vimeo c’è una registrazione video di una versione precedente, con un altro organico rispetto quello presentato ieri a La Pelanda).
Attori e attrici sono fermi e ferme in un gesto, in una posa plastica, di diverso impegno fisico, che mantengono per tutta la performance (con qualche piccola variante di cui si dirà).

Da questa posizione nella quale emergono dal buio al quale ogni tanto ritornano, per riapparire così com’erano, avendo a disposizione una limitata mimica facciale, si immaginano situazioni e circostanze che descrivono brevemente.
Situazioni che  all’inizio hanno a che fare, o dalle quali è più facile inquadrare, le posizioni in cui sono congelati (e congelate) ma che dicono ben presto qualcosa anche del carattere e delle aspirazioni dei personaggi che immaginano le varie situazioni.

L’uomo che sta in piedi, le braccia aperte, si immagina prima di essere una quercia, poi di notare in prima fila, tra il pubblico, la donna della sua vita, dalla quale avrà due gemelli.
La donna  sdraiata su un fianco, le mani puntate al suolo con le quali solleva il busto, si immagina di essere una soldata nel Chasmere mentre l’uomo in piedi dietro di lei immagina di avere in mano una tazza di te che sta porgendo alla zia.
Il ragazzo di proscenio immagina di essere una volpe che fugge da una torma di animali che sono dietro di lui mentre la donna in piedi, la mano girata con il palmo innaturalmente verso l’esterno, si immagina di attendere al sound-check del gruppo musicale Barbarella di cui fa parte.
Istantanee scattate dalla fantasia che descrivono anche relazioni umane, una riunione familiare nella giungla, denotando tipologie caratteriali  dei singoli personaggi, che rispondono alle fantasie che ascoltano assecondandole secondo la propria indole, sganciate da una prevedibilità dei ruoli di genere.
Così l’uomo in piedi, quello della tazza di te,  che si immagina di essere Robin Hood, fantastica di un approccio sessuale durante il quale sfoggia una gloriosa erezione, mentre la donna sdraiata ha voglia di attività fisica e di avventura mentre l’uomo quercia preferisce portare panini…
Il ragazzo di proscenio si immagina di andare al proprio funerale e di vedere sua madre che piange in silenzio mentre  il suo ragazzo mette un mazzo di fiori sulla sua bara, e lui rimpiange di non avere avuto più tempo per dire alla madre di sé e del suo ragazzo per tema di ferirla, cosa che ora non potrà fare più…
Questo momenti di verità profonda sono contornati da una sottile e sotterranea ironia che fa presentare varianti alle situazioni immaginate, compresa una dislocazione dei corpi per cui il ragazzo di proscenio migra nel corpo della ragazza sdraiata (e lei parla con la voce di lui)  oppure alcune immaginazioni acquistano un significato diverso perché viste da un altro punto di vista: una ragazza in divisa scolastica immaginata all’inizio dall’uomo quercia diventa ora il punto di vista della ragazza sdraiata che descrive la relazione sessuale con un uomo adulto…
Dislocazioni anche spaziali quando, tra un buio e l’altro, inaspettatamente i e le performer si scambiano di posto e di posa.
L’immaginazione riguarda anche il ruolo con il pubblico che viene definito borghese, al quale ci si immagina che  i e le performer propongano loro dei tableau vivant dei quali deve indovinare personaggi e situazioni, fino ad arrivare alla specularità in cui si immaginano di essere loro il pubblico e dunque il pubblico diventa performer immobile, seduto nelle poltrone.

While We Are Holding it Togheter è il luogo di molte realtà diverse che coesistono nello stesso tempo e nello stesso spazio, che scaturiscono da una situazione scenica semplice che prende forma e significato grazie a una immaginazione che si si fa interpretante mentre denuncia i rapporti di potere tra classi sociali, tra persone di diverse provenienze geografiche, immaginari collettivi mediati dai media (film di serie e pubblicità) e ruoli sociali, ruoli di genere e (discriminazione da) orientamenti sessuali.

Ivana Muller lo fa divertendosi e divertendo il pubblico senza l’egocentrismo di sottolineare di stare dicendo chissà quali verità sul mondo mentre invita il pubblico a una riflessione in un modo che al teatro italiano ultimamente riesce poco.

Se mai non ci fossero altre ragioni perché short theatre dovrebbe esistere – e ce ne sono  a iosa-  quella di portare in Italia spettacoli di altri paesi è senz’altro quella per la quale essergli più grati (e grate).

A vedere While We Are Holding it Togheter parrebbe proprio che l’arretratezza culturale che attanaglia l’Italia in tanti settori, dai diritti delle donne a quelli per le persone non etero, colpisca anche il teatro.

O magari ce lo siamo solo immaginato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(12 settembre 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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